The Holdovers. Lezioni di vita, di Alexander Payne

Dopo un inizio trattenuto, il film si scioglie e diventa intenso ed emozionante. Paul Giamatti è da Oscar ma anche Dominic Sessa e Da’Vine Joy Randolph vi resteranno nel cuore.

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Il logo Universal vintage anni ’70 poteva essere un abbaglio. Poi invece l’ambientazione, i color sporchi e caldi della fotografia di Eigil Bryld (Acque profonde, In Bruges e 11 episodi di House of Card), il 35 mm nel formato 1.66:1 non lasciano più dubbi. Con The Holdovers. Lezioni di vita il cinema di Alexander Payne è atterrato in piena New Hollywood. Si vede da alcuni zoom all’indietro, dal modo in cui racconta la ribellione giovanile, i trami della guerra in Vietnam. C’è l’eco di Il laureato ma anche di L’impossibilità di essere normale di Richard Rush proprio per come s’immerge nell’anno in cui il film è ambientato, a cavallo tra il 1970 e il 1971. Senza nessuna distanza, come se lo sguardo di Payne, che all’epoca aveva circa 10 anni, coincidesse con parte dei ricordi di uno dei due studenti più giovani.

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Durante le feste natalizie il solitario e severo professor Paul Hunman che non piace né ai suoi studenti che l’hanno soprannominato ‘occhio sbilenco’ né al preside, decide di trascorrere le vacanze all’interno dell’edificio della Barton Academy che si trova nel New England a fare da supervisore a cinque studenti che non sono potuti tornare a casa. Dopo qualche giorno, quattro di loro riescono a raggiungere le proprie famiglie. Solo uno Angus Tully, è costretto a restare con l’insegnante che odia di più e con Mary, la capocuoca, che ha appena perso il figlio diciannovenne nella guerra in Vietnam. Sono tre persone diversissime tra loro che però troveranno il modo non solo di convivere insieme ma anche di trovare il modo per trascorrere un periodo che resterà indimenticabile.

Attento inizialmente soprattutto all’ambientazione che è descritta con estrema cura, dal paesaggio innevato al fiume fino all’interno dell’istituto dove la palestra è inagibile, The Holdovers. Lezioni di vita stavolta non resta imprigionato in quella forma chiusa e in quella narrazione priva di affondi che ha spesso caratterizzato il suo cinema. Anche questo, dopo A proposito di Schmidt, Sideways. In viaggio con Jack, Paradiso amaro e Nebraska.  è un altro film on the road dal momento dello spostamento in direzione Boston. Paul Giamatti, che già era stato diretto dal regista in Sideways potrebbe essere una nuova variazione di Jack Nicholson in A proposito di Schmidt. Ma dopo un inizio trattenuto, il film si scioglie già dai primi momenti di quell’isolamento forzato tra le patate sbucciate in cucina e un disco del clarinettista Artie Shaw. Poi si rompe qualcosa. Non solo nella storia, ma proprio del cinema del regista. L’urlo di Giamatti dà la scossa. Payne incrocia Anthony Asquith di Addio Mr. Harris e parte di Peter Weir di L’attimo fuggente. Paul non fa salire in piedi i suoi studenti sul banco per salutare il professor Keating/Robin Williams ma il finale è altrettanto bello ed emozionante. Ed è altrettanto sorprendente il modo in cui Payne ci arriva, raccontando la storia di tre estranei come quella di una di famiglia. C’è una scena apparentemente innocua ma in realtà atroce. Paul rivede un suo vecchio compagno di scuola che è diventato professore ad Harvard. Lui lì per lì resta senza parole poi ci pensa Angus invece a mettere su una recita dove viene raccontata una possibile vita che in realtà non c’è mai stata. Il rapporto tra i due personaggi è vero e intenso proprio perché è fatto di avvicinamenti e allontanamenti, inganni e complicità. E la visita al padre del ragazzo è un colpo al cuore. Certo, ogni tanto il rischio che il film torni a un certo accademismo di maniera c’è. Ma stavolta Payne, che come per la seconda volta nella sua filmografia non ha scritto la sceneggiatura dopo Nebraska (lo script è firmato da David Hemingson), non si fa ingabbiare dalla propria scrittura e forse non è un caso che questi siano i suoi due film migliori. Anzi The Holdovers è ancora meglio di Nebraska. Stavolta l’atto d’amore nei confronti del cinema statunitense è autentico, vitale, sottolineato da una colonna sonora trascinante che brucia l’anima nella scena nell’incrocio di sguardi della pista di pattinaggio sulle note di The Wind di Cat Stevens. Paul Giamatti è da Oscar ma anche gli altri due protagonisti, Dominic Sessa e Da’Vine Joy Randolph, sono bravissimi e vi resteranno nel cuore. E in questo rapporto così intimo, forse (e giustamente) da una parte siamo estromessi. Come si ripetono Paul e Angus, ‘entre nous’.

 

Vincitore di 2 Golden Globes:

  • Miglior attore in un film commedia o musicale a Paul Giamatti
  • Migliore attrice non protagonista a Da’Vine Joy Randolph

 

Titolo originale: The Holdovers
Regia: Alexander Payne
Interpreti: Paul Giamatti, Dominic Sessa, Da’Vine Joy Randolph, Carrie Preston, Gillian Vigman, Michael Provost, Brady Hepner, Ian Dolley, Jim Kaplan, Andrew Garman, Naheem Garcia, Stephen Thorne, Tate Donovan, Darby Lee-Stack, Bill Mootos, Dustin Tucker, Juanita Pearl, Alexander Cook
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 133′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.3
Sending
Il voto dei lettori
2.61 (31 voti)
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