The Warrior. The Iron Claw, di Sean Durkin

Il regista firma il suo film più compiuto, quello in ragiona meglio delle sue ossessioni, ma anche quello che conferma quanta difficoltà abbia a toccare il cuore emotivo del dramma

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Quello di Sean Durkin è sempre più un cinema di inganni svelati, di spazi illusori fatti a pezzi, di protagonisti insicuri e in cerca di conferma. Dalla setta rurale de La fuga di Martha all’abbaglio degli effimeri anni ’80 di The Nest. L’inganno. Tre anni dopo quel film Durkin dirige The Warrior. The Iron Claw, che in effetti si apre con un incontro di wrestling in bianco e nero come  Toro scatenato, quasi a voler costruire un nuovo inganno e, allo stesso tempo, rafforzare l’alone di autorialità che Durkin sta provando a costruirsi dal primo film.

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Sul ring c’è Jack Von Erich, patriarca della famiglia Von Erich, una delle più importanti dinastie del wrestling degli anni ’70 e ’80 e padre dei fratelli Kerry, Kevin e David, che Jack ha addestrato ossessivamente sin da ragazzini nel combattimento sul ring. Per essere i migliori wrestlers della federazione, certo, ma forse anche per combattere un’assurda maledizione, legata, si dice, al cognome della famiglia, che Jack ha cambiato come si fa coi nomi d’arte. Ed il film di Durkin racconta in effetti la lenta caduta e dissoluzione del “Progetto Von Erich”, le malattie, la depressione, i suicidi, la lenta scomparsa di praticamente tutti i figli di Jack, vittime designate della hyubris del patriarca.

Ecco è evidente che The Warrior. The Iron Claw sia il film più lucido di Durkin, quello che declina con più urgenza i temi ricorrenti del suo cinema ma anche le sue ossessioni, a partire dagli anni ’80 di The Nest, che qui riemergono con tutto il loro carico di simbolismi. Ha i tempi ed il respiro compassato di una tragedia greca ma ha soprattutto uno sguardo vivace, affascinato dalle connessioni segrete tra le cose. Così mentre fa a pezzi il patriarca e parodizza la mentalità vincente degli 80s, asseconda certi parallelismi con il presente, tratteggiando Jack Von Erich come una vittima eccellente della post-verità, che cerca la (vera) gloria in uno sport artefatto, che addestra i suoi figli per incontri  decisi da una sceneggiatura (e tuttavia ripresi da Durkin in maniera straordinariamente seriosa, quasi che il suo fosse lo sguardo con cui Jack guarda gli incontri), che crede ad una maledizione e dà credito alle narrazioni costruite a uso e consumo dei lottatori della sua federazione e degli spettatori televisivi.

Eppure il cinema di Durkin è ancora troppo controllato per fare davvero sul serio, fatica a confrontarsi con il mostro. Non è tanto un problema di scrittura, che si, a tratti tergiversa e forse lascia troppo spazio a Zac Efron. Quello può far parte del gioco, essere funzionale ad un mondo rigido come le parole che vogliono descriverlo.

Il punto, semmai, è mancare l’affondo quando si tratta di guardare negli occhi il dramma. Lo racconta in modo abbastanza evidente l’uso che Durkin fa del montaggio, con gli ingranaggi della storia che spesso si fermano un attimo prima della tragedia e tornano a girare solo per raccontarne le conseguenze, finendo per tenere l’evento fuori campo.

L’idea su cui Durkin sviluppa The Warrior. The Iron Claw è chiara: la morte, il dramma, i corpi intaccati dalla malattia sono i barlumi di verità che fanno a pezzi il mondo ideale dei Von Erich, eppure ci si chiede se davvero la scrittura voglia approfondire tale lettura. Quando decide di farlo davvero trasfigura la tragedia, la racconta senza sangue, rimanendo a distanza, controbilanciando il dramma con una visione di speranza. Ci aveva provato anche qualche scena prima, cercando la verità in una rissa tra i due fratelli, raccontando i primi colpi effettivamente reali scambiati da Kevin e Kerry. Secchi. Rabbiosi. È lì, forse, che il sogno dei Von Erich inizia a crollare. Per far sì che il cinema di Durkin perda un po’ della sua ricercata razionalità c’è invece ancora da attendere.

 

Titolo originale: The Iron Claw
Regia: Sean Durkin
Interpreti: Zac Efron, Jeremy Allen White, Lily James, Maura Tierney, Harris Dickinson, Holt McCallany, Aaron Dean Eisenberg, Michael Harney, Cazzey Louis Cereghino, Maxwell Friedman, Scott Innes, Ryan Nemeth
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 132′
Origine: USA, UK, 2023

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
3.67 (3 voti)
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