Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Verso l’allenamento dei Pilastri, di Haruo Sotozaki

Pensato come ponte tra la terza e la quarta stagione dell’anime, il film va ben oltre le soglie del greatest hits. E apre per il racconto una nuova era: ancora più radicale di quella appena osservata

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Il terzo lungometraggio della saga anime adattata dal manga di Koyoharu Gotōge, Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Verso l’allenamento dei Pilastri, presenta sin da subito un problema di sguardo, traducibile in una serie infinita di interrogativi: come approcciarsi, potrebbe chiedersi lo spettatore, ad un’opera del genere? Dietro la cornice da compilation-movie figura solamente la necessità dei produttori di Ufotable di generare un ritorno economico a partire da un prodotto parzialmente inedito, oppure esiste qualcosa che vada oltre le sole logiche da greatest hits? Queste domande, già sollevate ai tempi del precedente film del franchise Demon Slayer: verso il villaggio dei forgiatori di katana, appaiono tanto lecite quanto necessarie. Sia perché sottendono la verità (o meglio, le verità) attorno a cui ruotano tutte le istante (produttive, estetiche, semantiche) di questa “operazione” cinematografica; sia per come permettono di indagare lo stesso orizzonte comunicativo in cui si muove il film. E da cui bisogna assolutamente partire, per delineare i successi – e anche le incongruenze – del racconto.

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Prima di arrivare a rispondere ai quesiti sollevati in partenza, occorre definire la natura stessa di quello che abbiamo appena codificato come “un’operazione cinematografica”, dal momento che il lungometraggio accorpa – in un film di rimontaggio – l’episodio finale della terza stagione dell’omonimo anime con il capitolo introduttivo del quarto ciclo di episodi della serie. Come ci suggerisce lapalissianamente il titolo, Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Verso l’allenamento dei Pilastri anticipa già di per sé un movimento in avanti, proprio perché tutte le istanze o le logiche che lo attraversano sono finalizzate da un lato a ri-orientare gli spettatori in un universo ampiamente familiare – in modo così da rinnovare l’investimento emotivo in chi guarda – e dall’altro a direzionare questo tessuto emozionale verso il prossimo ciclo seriale dell’anime, in uscita sugli schermi televisivi nel mese di aprile. Ma il film sa bene che se vuole astrarsi dallo stigma del compilation-movie, non può puntare solo su questa logica di interazione reciproca e transmediale tra prodotti di natura produttiva (cioè manga, televisione, cinema) differente: ed è per questo motivo che si spinge oltre, fino a guardare al futuro (diegetico) del racconto e (extradiegetico) del franchise.

Come era lecito aspettarsi, Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Verso l’allenamento dei Pilastri inizia laddove era terminato il penultimo episodio della terza stagione: Tanjiro e i suoi compagni ammazzademoni sono ancora impegnati nella lotta contro la Quarta Luna Crescente Hantengu, uno degli esseri demoniaci più temibili tra le fila del villain di riferimento dell’opera, ovvero Kibutsuji Muzan; dopo aver soverchiato la minaccia e scoperto che Nezuko (la sorella del protagonista) è in grado di camminare sotto la luce del sole, nonostante sia stata precedentemente tramutata in un demone, ecco che l’episodio inedito (cioè la première della quarta stagione) mostra le conseguenze drastiche dell’evento appena osservato: ora le attenzioni del villain sono tutte rivolte alla ragazza, proprio perché Nezuko è l’unica in grado di restituire al mefistofelico demone la capacità di neutralizzare gli effetti degenerativi del sole. Ed è da questo livello che il film fa transitare tutto il suo portato comunicativo.

Se il precedente “rimontaggio” si equiparava ad una potente dichiarazione d’intenti sul valore estetico dell’opera, sulla volontà cioè di ergere Demon Slayer a manifesto cardinale delle trasformazioni linguistiche che stanno attraversando l’industria odierna degli anime, questo nuovo film, invece, sancisce per il racconto l’inizio di una nuova era. La storia è adesso approdata nel suo atto finale, e ciò che Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Verso l’allenamento dei Pilastri vuole segnalare è proprio la necessità di anticipare i prodromi del cambiamento, e di indagare le conseguenze che tali sviluppi eserciteranno sul futuro della saga.

 

Non è un caso, infatti, che gli Hashira, cioè gli spadaccini-cardine dell’universo di Demon Slayer, inizino qui ad allenare i sottoposti (e ad allenarsi) in modo da rispondere alle trasformazioni di un mondo che sta per scadere nell’oblio del conflitto bellico, proprio perché la posta in palio si è alzata, e l’escalation bellica a cui andrà da questo momento in poi incontro il racconto è entrata ormai nel reame della quotidianità. E seppur Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Verso l’allenamento dei Pilastri non goda di quella coesione interna visibile in un film “a tre atti” come Il treno Mugen, né delle sue vette estetiche, è pur vero che persegue con estrema coerenza i discorsi appena delineati. Portando questa operazione di rimontaggio oltre le vituperabili soglie del greatest hits.

Titolo originale: Kimetsu no Yaiba: Hashira Geiko-hen
Regia: Haruo Sotozaki
Voci: Natsuki Hanae, Akari Kito, Hiro Shimono, Yoshitsugu Matsuoka, Tomokazu Sugita, Kenichi Suzumura, Kana Hanazawa, Saori Hayami, Nobuhiko Okamoto, Tomokazu Seki, Kengo Kawanishi, Takahiro Sakurai, Katsuyuki Konishi, Toshio Furukawa
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 106′
Origine: Giappone, 2024

3.5
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