Eravamo bambini, di Marco Martani

Dal testo teatrale Zero di Massimiliano Bruno, fonde gli echi del teen-movie con frammenti del nuovo romanzo criminale. Inizialmente dispersivo ma cresce alla distanza. Alice nella Città

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La nostalgia dell’adolescenza e il crime-movie. Si fondono queste due traiettorie in Eravamo bambini, terzo lungometraggio diretto da Marco Martani dopo Cemento armato e La donna per me. Ci sono gli echi da teen-movie anni ’80 alla Rob Reiner ma rispetto a Stand by Me la storia è molto più nera. In un paese calabrese, una pattuglia di carabinieri scopre che fuori dalla villa dell’onorevole Rizzo c’è una presenza sospetta. È un postino un po’ strano che li minaccia con un coltello e poi viene portato in centrale. Non dice nulla. Aspetta soltanto i fuochi d’artificio delle 11. Da lì parte la vicenda sospesa tra presente e passato, tra i giorni nostri e il 2000 quando l’Italia aveva superato l’Olanda agli Europei di calcio e un gruppo di ragazzi adolescenti apparivano spensierati, tra giornate passate in spiaggia con i loro genitori e i primi amori. Del gruppo fanno parte, oltre Cacasotto, anche Margherita, Walter, Gianluca e Peppino, quest’ultimo figlio dell’onorevole Rizzo, uomo potentissimo del territorio che non perde occasione di mortificarlo. Poi una sera avviene la tragedia. Il fatto di sangue li traumatizzerà profondamente. Ora si trovano in diverse parti d’Italia. C’è chi è diventata giornalista, chi poliziotto, chi un cantante di successo. Ma hanno ancora una rabbia in corpo a volte incontrollata. Per questo decidono di ritrovarsi in Calabria per fare i conti con quello che è successo e vendicarsi.

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Parte tutto da un messaggio mandato sul telefono: “Torno domani in Calabria. Lo voglio fare. Chi c’è c’è”. Da qui comincia il viaggio di Eravamo bambini, che unisce le vite separate dei protagonisti a cui si aggiunge anche il fratello tossicodipendente di Margherita. Non un ritorno nel passato ma un nuovo viaggio all’inferno. Sporco, nero, malato. Martani adatta il testo teatrale Zero di Massimiliano Bruno che ha scritto con lui la sceneggiatura e lo trasforma in un racconto viscerale, che ci mette un po’ a trovare il suo equilibrio a causa anche del suo inizio anche volutamente frammentato ma comunque più dispersivo. Poi i pezzi iniziano a ricomporsi. Ed è l’atmosfera del paese calabrese uno dei punti di forza del film proprio perché lì può accadere di tutto. Un incontro, uno sguardo incrociato, una parola sbagliata. In un cast giovane motivato composto da Alessio Lapice, Lorenzo Richelmy, Lorenza Guidone, Giancarlo Commare, Francesco Russo e Romano Reggiani primeggia Massimo Popolizio, nei panni dell’onorevole Rizzo, autentica incarnazione diabolica. Ogni suo passaggio nel film lascia il segno. E Martani ne riesce a sfruttare appieno le potenzialità con un cinema attraente sull’innocenza perduta, sull’infanzia rubata con una tensione da poliziesco/thriller statunitense e l’ombra dei film di mafia di Damiano Damiani.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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