La Bête dans la jungle, di Patric Chiha

Adattamento da Henry James che coinvolge lo spettatore grazie al suo approccio immersivo, mantiene una rigidità letteraria in uno stile in parte distaccato. Dall’Efebo d’Oro di Palermo

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La Bête dans la jungle è la storia di un intenso dramma chiuso: per 25 anni, in un’enorme discoteca, John e May attendono insieme un misterioso evento. Dal 1979 al 2004, attraverso la storia del disco e della techno, si dipana la storia di un amore, la storia di un’ossessione. La “cosa” alla fine si manifesterà, ma in una forma molto più tragica del previsto.
La Bête dans la jungle, liberamente adattato dall’omonimo romanzo di Henry James, appartiene a quelle opere in cui ci si immerge completamente. Il pregio del quinto lungometraggio di Patric Chiha regista di Domain (2009) e del premiato documentario If it were love (2020), risiede nel chiaroscuro emotivo che, sfuggendo a ogni manicheismo, impreziosisce l’ambiguità dei protagonisti . Fin dalle prime scene di La Bête dans la Jungle, si percepisce un’atmosfera che ricorda i film di Gaspar Noé come Climax (2008), sebbene in una versione più classica e meno audace. A differenza di Noé, dove lo spettatore viene spesso colpito da una narrazione estrema e provocatoria, Patric Chiha adotta una regia più immobile che porta a una rigidità letteraria che rende il film in parte distaccato e poco coinvolgente, limitando, in un certo modo, l’azione degli attori. Tom Mercier, enigmatico soldato in We Are Who We Are del 2020, ce la mette tutta per interpretare al meglio la disperazione del suo personaggio straziato, bello e dannato, così come la duttile Anaïs Demoustier, protagonista in Novembre di Cedric Jimenez e voce nello splendido Coma di Bernard Bonello.
Patric Chiha mette inoltre in evidenza dei netti contrasti. I ballerini crescono con il tempo, mentre John rimane immutato. May, coinvolta in un vortice ossessivo, è catturata dall’indeterminatezza di questa attesa. In un ambiente confinato, dove la vita passa senza lasciare traccia sui personaggi, le uniche indicazioni del tempo che scorre sono eventi storici o festività. Tuttavia, Chiha cattura l’essenza del romanzo di Henry James, focalizzandosi sul tema dell’attesa di un evento futuro a scapito del presente. Lo spettatore è invitato a guardare oltre le apparenze per scoprire che la storia riflette l’esperienza di molti, che, aspettando come nel caso di Godot, finiscono per perdere la propria vita.
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