#RomaFF16 – Incontro ravvicinato con Marco Bellocchio

Il regista di Vincere e Fai bei sogni è stato protagonista di un incontro in cui ha presentato in anteprima alcune scene di Esterno Notte, la serie TV su Aldo Moro che andrà in onda su Rai 1.

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Marco Bellocchio è un protagonista imprescindibile del cinema più autentico e rivoluzionario, capace di realizzare grandi film per più di mezzo secolo, interpretando il tempo e i tempi sin dal suo esordio negli anni Sessanta con I pugni in tasca fino ai recenti Il traditore e Marx può aspettare.

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Il cineasta, ospite di uno degli Incontri della Festa del Cinema di Roma, viene accolto dall’applauso del pubblico e dalla  presentazione di Antonio Monda, direttore artistico della Festa del Cinema di Roma. L’incontro, moderato dal critico Alberto Crespi e dal professore di studi cinematografici americano Richard Peña, trova la spinta iniziale quando viene chiesto al regista di parlare della sua visione del cinema italiano a inizio carriera. “Alla mia epoca c’era un cinema d’autore su cui mi sono formato – spiega Bellocchio- Esistevano due scuole: la Nouvelle Vague e il cinema italiano. Quest’ultimo mi ha dato la formazione. Non parlo solo del cinema di Fellini e Antonioni, ma di quello di Visconti. Il film che più mi ricordo e che conosco è Senso, che è una grande combinazione di cinema realistico e di teatro che è stato per me un’altra grande sorgente di formazione”.

Marco Bellocchio ricorda anche il suo periodo londinese successivo al diploma del Centro Sperimentale di Roma, che gli ha permesso di conoscere il Free cinema, movimento cinematografico inglese inserito nel più ampio contesto delle “nuove onde” che emergevano in molte cinematografie nazionali tra la fine degli anni cinquanta e sessanta. “Il cinema inglese aveva un suo registro di potente realismo senza essere realista. Se penso a Gioventù, amore e rabbia di Tony Richardson entriamo in un ordine di rivelazione perchè in quel film ci sono alcune immagini, alcune scene e alcuni comportamenti di Tom Courtenay che mi stupirono e mi emozionarono moltissimo. In quel film il protagonista si ribella non vincendo e contrapponendosi ad un potere violento che lo aveva oppresso”.

Parlando degli interpreti che lo hanno colpito, il discorso si sposta in maniera naturale sui suoi esordi da attore. Marco Bellocchio infatti entrò al CSC seguendo i corsi di recitazione. È stato lo scrittore Andrea Camilleri, all’epoca docente, a spingerlo verso gli studi di regia. “Ci sono attori proibiti. Avevo una forte venerazione per Marlon Brando dopo aver visto Fronte del porto di Elia Kazan per esempio, oppure per James Dean. La mia carriera però è sempre stata caratterizzata dall’ azzardo quanto dal realismo. In Italia non avevamo i progetti giusti per un certo tipo di divismo”. Bellocchio inoltre svela di aver avuto sempre una certa diffidenza verso la cinquina degli italiani d’oro dell’epoca, quali Tognazzi, Gassman, Manfredi, Sordi e Mastroianni. “I grandi attori italiani dell’epoca facevano grandi film, ma la loro commedia era lontana da me. Per La Cina è vicina potevo avere uno di loro ma ho scelto Glauco Mauri, che poi ha deciso di tornare al teatro.”

Bellocchio si dimostra come al solito concreto e mai sfarzoso, generoso di emozioni, ricco di colpi di scena, ma anche di riflessioni costanti. Dopo la visione di una clip del suo film d’esordio I pugni in tasca, il regista spiega come il melodramma sia stato per lui un’opera di formazione, inizialmente ripudiata, poi rivalutata. “In una scena de I pugni in tasca c’è Glauco Mauri che canta un’opera di Verdi in chiave ridicola. Nel finale del film sentiamo ‘La Traviata’ che si contrappone a quella che è la fine del personaggio che sull’aria di queste note ha una crisi e muore dopo essere riuscito ad ottenere quasi ‘nazisticamente’ un potere all’interno della sua famiglia.”

Bellocchio riconosce come la forma del melodramma sia stata per lui molto importante. La ritroveremo infatti anche in Vincere, suo film del 2009 magistralmente interpretato da Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno, dove l’impeto del melodramma rientra in una forma più seria, meno ridicola e sprezzante. A proposito di questo film Richard Peña chiede un chiarimento riguardo alla visione curiosa del ‘Mussolini radicale’ raccontata nel film, che per un americano risulta poco comprensibile. Bellocchio precisa dapprima che il film non voleva approfondire la psicologia del Duce, bensì era incentrato sulla figura di Ida Dalser, che ebbe una relazione con Benito Mussolini dalla quale nacque un figlio, Benito Albino, e che non accettò di vivere nell’ombra. “Mi affascinava il percorso di Benito Mussolini – spiega Bellocchio consapevole che in America sia un fatto poco noto – che parte da un’estrema sinistra atea per diventare, con la guerra, un interventista e per definirsi infine un fascista.”

Il concetto di ateismo sposta la discussione su un altro suo film molto apprezzato in Italia e all’estero, L’ora di religione del 2002, interpretato da Sergio Castellitto, pellicola in cui, secondo il suo pensiero, molti hanno visto nella bestemmia, pronunciata in una delle ormai più celebri scene irriverenti del film, una negazione che fa pensare ad un Credo. Bellocchio ne approfitta per ricordare le sue chiacchierate con Padre Virgilio Fantuzzi, gesuita e amico del cinema che appare anche nel suo ultimo documentario Marx può aspettare e che ha sempre definito il regista lombardo un non-ateo. Bellocchio ci scherza un pò sopra, lo ricorda con affetto e finisce per definirsi un ateo consapevole, chiudendo il discorso con ironia e concedendo una battuta: “Se tu pensi che io sia un credente, credilo!”

Un’ora è quasi passata e Alberto Crespi richiama alla memoria che è arrivato il momento del regalo preannunciato. La regia ha preparato in anteprima assoluta alcune clip inedite del suo ultimo lavoro. Il regista coglie l’occasione per presentare Esterno Notte, una serie interamente dedicata al rapimento e all’assassinio di Aldo Moro e interpretata da Fabrizio Gifuni, presente in sala ed invitato ad alzarsi in piedi per ricevere anch’egli l’omaggio del pubblico.

A distanza di diciotto anni da Buongiorno, notte, Marco Bellocchio torna sul tema del rapimento di Aldo Moro. Lo fa stavolta per il piccolo schermo, dando vita al prolungamento naturale del lungometraggio che lo ha preceduto. Se il film raccontava da vicino gli ultimi giorni dello statista nelle mani delle Brigate Rosse, la fiction esaminerà ciò che negli stessi giorni accadeva all’esterno del nascondiglio dei brigatisti. “Lo spunto è stato per me una foto che mi ha impressionato molto – commenta Bellocchio – e che ritraeva Aldo Moro in doppio petto su una spiaggia di Torvaianica con la figlia e con attorno tanti bambini in costume. Mi parve così che potesse essere interessante ribaltare il campo rispetto a Buongiorno Notte, che è un film tutto interno con Moro prigioniero. Esterno Notte ha un suo andamento classico che parte dalla strage e poi descrive i personaggi che vivono esternamente la prigionia di Moro.”

Ed ecco il buio in sala. Lo schermo si illumina e ci trasporta all’interno di tre scene, piuttosto sconvolgenti, tratte dalla serie.

Nella prima scena, ambientata in un ospedale completamente blindato dalle forze dell’ordine vediamo Cossiga, Zaccagnini e Andreotti fissare un sopravvissuto Aldo Moro stanco e catatonico in un letto di ospedale. Come in un sogno capovolto udiamo la voce fuori campo del Presidente del Consiglio – magistralmente reso reale da Fabrizio Gifuni – esprimere gratitudine per le Brigate Rosse che lo hanno liberato e pronunciare una sorta di dismissione dalle cariche politiche: “Questa essendo la situazione, io desidero dare atto alla generosità delle brigate rosse a cui devo per grazia la salvezza della mia vita e la restituzione della libertà. Di ciò sono profondamene grato. Per quanto riguarda il resto, dopo quello che è accaduto non mi resta che constatare la mia completa incompatibilità con il partito della Democrazia Cristiana. Rinuncio a tutte le cariche, esclusa qualsiasi candidatura futura. Mi dimetto dalla DC”.

La seconda scena è ambientata il 12 marzo del 1978, quattro giorni prima del rapimento in via Fani e ci conduce nel cuore di una rivolta della classe operaia tra le strade di Roma. Aldo Moro osserva rassegnato gli scontri dal balcone della sede del partito della Democrazia Cristiana.

A proposito del manifesto di Anima persa, il film di Dino Risi che si vede nella scena del saccheggio nel negozio il regista fa una precisazione. “Dovevamo scegliere tra i film usciti allora, che fossero abbordabili anche per i diritti. Tra questi c’era questo film di un Risi sempre più depresso e incapace di far ridere. È un film notevole anche se non ha avuto il successo di tanti altri. C’erano tante anime perse e ci sono anche oggi”.

Nella terza scena che ci viene mostrata, vediamo Toni Servillo interpretare Papa Paolo VI e dubitare delle capacità politiche di Aldo Moro in seguito al ritrovamento di una lettera che il ministro avrebbe scritto al Cardinale Siri quindici anni fa, in cui chiedeva di aprire ai socialisti e permettere ai comunisti di appoggiare il governo.

Luce in sala e applauso lunghissimo ad uno dei più grandi maestri del cinema italiano e poi l’ultima domanda di Richard Peña che chiede se esiste l’Italia prima e dopo l’omicidio di Aldo Moro. “Così dicono gli storici, che con la tragedia e l’assassinio di Moro tutta una classe politica è andata in crisi. Come ho raccontato in Marx può aspettare, da bambino ricordo le furiose campagne elettorali, i comizi a Piacenza, una città piccola dove però venivano i grandi leader politici. C’era una passione politica. Oggi ci si può rallegrare del successo delle sinistre, ma ha votato meno del 50 per cento degli italiani, allora alle urne andava il 95 per cento dei votanti. C’era la speranza di noi giovani della classe media che Moro venisse liberato. Ci siamo stupiti che non sia avvenuto. E infatti anche in Buongiorno notte c’è la passeggiata finale di venti secondi di Moro, allora incarnato da Roberto Herlitzka, che cammina libero. E invece è avvenuto il contrario”.

Esterno Notte è uno dei progetti più attesi dal pubblico televisivo. Prodotto da Lorenzo Mieli per The Apartment, con Simone Gattoni per Kavac Film in co-produzione con Arte France, in collaborazione con Rai Fiction. La serie televisiva andrà in onda su Rai 1.

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