#RomaFF16 – Masterclass di Mamoru Hosoda

Il regista giapponese arrivato a Roma per presentare il suo ultimo film Belle, racconta degli esordi, della passione sconfinata per l’animazione e del bisogno di esplorare strade sempre diverse

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

La masterclass di Mamoru Hosoda, arrivato a Roma per presentare il suo ultimo film, Belle, all’interno di Alice nella Città (dopo i passaggi fuori concorso a Cannes e al Festival di Locarno) è l’occasione giusta per parlare delle sue opere e della passione che lo accompagna durante il lavoro, talmente apprezzato da diventare oggetto di studio. “Il mio obiettivo, è produrre qualcosa di nuovo e diverso, trovare il modo di esprimere qualcosa di nuovo, senza la presunzione di sapere tutto. Anche io sono in un continuo processo di apprendimento, quando guardo un film imparo sempre qualcosa. Definire il mio stile registico però è complicato, noi dobbiamo pensare alla nostra sintassi, al nostro linguaggio. Nel mostrare una scena dobbiamo scegliere il taglio, la tecnica. Credo che lo stile si veda da come esprimiamo il mondo attraverso in nostri occhi e attraverso la nostra percezione”.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Il primo frammento nel campo dell’animazione, Digimon, si perde lontano negli anni, e contiene tutta una serie di tracce raccolte e sviluppate nel periodo seguente. Non certo una novità, secondo il regista nipponico, ma una cosa che accomuna anzi molti artisti. Nelle opere vergini si trovano tanti elementi che vengono ripresi, come si trattasse di una lente di ingrandimento, e Digimon Adventure ed il successivo Our War Game contengono temi e leitmotiv fondativi di un percorso.

L’input alla regia è arrivato gradualmente, una prima folgorazione sono stati due film del 1979, tra cui Lupin III – Il castello di Cagliostro di Hayao Miyazaki. Ma la vera decisione di dedicarsi alla regia, dopo il passaggio all’Università nel corso di Pittura ad olio, è arrivato dopo la visione del film Lo spirito dell’alveare di Victor Erice. “Lì ho capito che fare un film era un’espressione artistica ed un mezzo per esprimersi. Per fare un film, non bastano soltanto una storia e le immagini, bisogna capire come il pubblico capisce il contesto, e di come sia importante il dinamismo. Il film di Erice è un opera concettuale e ci riesce molto bene”. Parlando del valore di realizzare un remake, Hosoda dice che l’importante è capire come un regista abbia intenzione di sviluppare il tema di una storia riproposta in contesti differenti. “Belle, come avete modo di vedere, potrebbe essere considerato una sorta di self remake di Digimon, mentre in realtà io non ho mai deciso di rimetterci mano. É piuttosto un’evoluzione, un continuo update sulle tematiche di internet e dei social media”.

Quella di cui sembra convinto è la decisione di non realizzare live action, una strada esplorata in tante forme espressive, ma di continuare nell’animazione, un campo dal passato breve e recente con delle potenzialità ancora sconosciute. “La vera cosa importante per realizzare un film è avere un disegno ben chiaro in testa, per poterlo spiegare ai collaboratori. Lo sviluppo consiste piuttosto nell’accumulare diversi strati mentre si gira. Quindi non solo la pianificazione è fondamentale, ma anche la collaborazione dello staff che si deve convincere della bontà di un progetto”.

Una delle sue ultime collaborazioni è con un altro nome eccellente del settore, Tomm Moore, autore recentemente di Wolfwalkers – Il popolo dei lupi, con cui si sono trovati d’accordo di cooperare tra piccoli studi, per contrastare lo strapotere di major come la Pixar, e finito a lavorare con lui sul set di Belle. Nell’ultima parte dell’intervista racconta di come sia passato ad essere oltre che regista anche sceneggiatore dei suoi film, un cambiamento dettato dal bisogno di introdurre una parte più intima della propria vita. La ragazza che saltava nel tempo e poi Summer Wars erano opere di entertainment. Per Wolf Children – Ame e Yuki i bambini lupo il discorso è diverso. “Satoko Okudera non conosceva mia madre e le era impossibile descrivere le mie emozioni personali. Da lì in poi dovevo essere io a prendere la penna e scrivere di mio pugno per raccontare di mia moglie e dei miei figli”. E qui Hosoda affronta un argomento delicatissimo, quello della morte, entrata dentro il suo lavoro solo quando necessaria, ed rispetto al quale siamo anestetizzati, visto il gran numero di omicidi e violenze del quotidiano vivere. “Durante la riprese di Wolf Children andavo negli ospedali per supporto, non avevo la certezza che non mi sarebbe successo nulla, che non avessi la possibilità di vedere crescere i miei figli. Non mi piace dare un taglio drammatico alla morte, non c’è niente di blasfemo, cerco di dare un taglio più realistico possibile. Gli omicidi e le morti li vediamo nelle serie tv, non c’è bisogno di ulteriore drammatizzazione, è una cosa naturale”.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array