Loro e noi. Non c’è scampo alla lotta di classe perché i borgatari come Remo Guerra, interpretato da un Valerio Mastandrea che sproloquia in prima ed in terza persona senza requie come se fosse stato esploso fuori da un film di Tarantino, magari non ne conoscono le fondamenta teoriche ma ne applicano con originalità criminale gli effetti pratici. La lotta criminale del poliziotto traviato che di notte entrava in casa delle persone che il giorno (forse) proteggeva – ma quanti celerini corrotti ha prodotto il cinema italiano? Nel nostro Paese la violenza è incistata fin dentro le istituzioni e la mdp qui lo testimonia in maniera esemplare rispetto a tanti altri suoi colleghi pur senza dichiararlo politicamente – è una tara genetica che il giovane uomo si porta dietro fin dal cognome. Come l’esponente di una gens pezzente dei giorni nostri, Remo deve infatti obbedire ai codici del suo clan urbano: strappare monili da colli di avvenenti ragazze per soddisfare, più che bisogni primari, la pulsione di pestare a sangue il bastardo destino che l’ha condannato ad essere un ribelle senza causa e senza speranza. Liberamente ispirato al romanzo Le notti di arancia meccanica di Dido Sacchettoni, Caligari arriva alla sua seconda regia a distanza di 15 anni dal successo underground di Amore tossico.

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Ma la rabbia accumulata per una carriera che dopo quel capolavoro girava a vuoto come quella dei suoi personaggi, e la fame di cinema che lo divorava, allora come alla fine della sua bruciante filmografia, fanno de L’odore della notte un lungometraggio caricato a pallettoni, allucinato come tutti i componenti della banda delle rapine che accompagnano il protagonista durante le sue numerose scorribande. Un viaggio al termine della notte romana, allora, che si porta dietro gli strascichi poetici di quella parigina, ravvisabili in certi echi esistenzialisti di questo Michel Poiccard delle baracche o di questo Frank Costello di Ostia Lido che gli fanno dire, con la stessa disinvoltura di una gambizzazione, frasi del tipo “Ogni volta che mi specchiavo ero aggredito dalla mia immagine“. Ambientato negli anni di piombo più bui ma ricolmo di ricchi pariolini e cantanti dal cuore matto (e dal pisello cornificatore), L’odore della notte di Caligari passa forse con troppa virulenza dall’afrore delle strade, in cui tampinare furiosamente la prossima vittima, al profumo letterario dell’onnipresente voice-over di Remo che inquadra i suoi turbamenti con una coscienza, paradosso di scrittura, troppo borghese (“Certe volte mi ammalavo sotto i miei stessi pensieri“). Ma tra una regia che osa tanto – la cinetica presentazione ante-literram della suburra romana, il long-takecinesulla fuga del moribondo Remo, le decine di citazioni cinefile – ed una messa in scena dal vitalismo strabordante, non si può che accogliere dentro di sé il puzzo di questa e di tutte le altri notti capitoline. A cui non basta, purtroppo, chiedere di non essere cattiva perché, ormai è assodato, della grande bellezza resta solo la sua anima santa e dannata.

Regia: Claudio Caligari
Interpreti: Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Giorgio Tirabassi, Emanuel Bevilacqua, Alessia Fugardi, Francesca D’Aloja, Little Tony, Giampiero Lisarelli, Elda Alvigini, Raffaele Vannoli, Federico Pacifici, Marcello Mazzarella, Stella Vordemann, Marina Viro
Distribuzione: Cat People
Durata: 98′
Origine: Italia, 1998

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