Sound of Freedom – Il canto della libertà, di Alejandro Gomez Monteverde
Vorrebbe scuotere lo sguardo degli spettatori, pur in modo tutto suo, ma non riesce a ragionare mai con le immagini, che rimangono vuote, inerti, zombesche come le coscienze che crede di risvegliare.
Sound of Freedom esce da noi all’inizio del 2024 ma la sua storia parte da lontano, per la precisione dall’estate scorsa, quando questo strano action thriller interpretato da Jim Caviezel che racconta la storia vera di Tim Ballard, agente della Homeland Security statunitense che, dopo essersi occupato per dieci anni di contrastare la pedofilia un giorno, da solo, va in America Latina per riportare a casa alcuni bambini rapiti da trafficanti sessuali fa il pieno d’incassi, a tal punto da rivaleggiare con colossi come Barbie o Oppenheimer.
A posteriori gli ha fatto buon gioco forse, il parlare più o meno consapevolmente al ventre molle dei conservatori americani e, soprattutto, a certi cospirazionisti di destra, che da anni credono che CABAL, il gruppo ombra di politici e celebrità di sinistra indulga in pratiche orribili come la pedofilia ed il turismo sessuale. Ecco allora un film che ammicca a tal punto a quel pubblico da divenire il film manifesto di una certa America trumpiana, con l’ex presidente in prima fila, tra l’altro, impegnato a organizzare proiezioni aperte di questo progetto “scomodo”, insieme a personalità come Steve Bannon e allo stesso Jim Caviezel. È proprio l’attore, forse, a credere davvero nel progetto, a tal punto da offrire a Monteverde una performance che pare un’espansione del suo straordinario personaggio di Person of Interest: asciutto, silenzioso, diretto, carismatico in un modo tutto suo.
Ma il film annaspa quasi da subito. Ad Alejandro Monteverde va in effetti riconosciuto il merito di lanciarsi nel vuoto, di provare a teorizzare un modo di intendere l’action con una sensibilità ultra reazionaria, eppure, quando prova a ipotizzare una via efficace con cui gestire il racconto si blocca. Monteverde perde contatto con Sound of Freedom quasi subito, dopo qualche interessante movimento di macchina ed un prologo claustrofobico come un horror latino.
Poi però è come se al film cadesse la terra sotto ai piedi. Monteverde si ritrova quasi a improvvisare, ad assaggiare l’aria degli spazi in cui si muove alla ricerca di una via per leggerli. Prova a emulare il Sodebergh di Traffic ed il Villeneuve di Sicario in certe scene alla frontiera del Messico, vorrebbe sfiorare addirittura certe idee del Mann di Miami Vice ma al nucleo delle cose non ci arriva mai.
Non sembra però preoccuparsene davvero, Monteverde. Pare convinto che a Sound of Freedom bastino i suoi personaggi senza macchia, inarrestabili, protagonisti di un racconto che appena entra nel vivo si impantana nel già visto e nel già detto, che agiscono in scena perché “è la cosa giusta da fare”. Peccato che tutto il sistema si irrigidisca quasi subito, divenendo un blando thriller dal piglio didascalico, con i personaggi che si chiudono in frasi fatte (“pensa ai bambini, se fossero tuoi figli?”, dirà decine di volte il protagonista a chiunque non vorrà aiutarlo da subito), i giri che si abbassano, il racconto che gira a vuoto e lo sguardo sempre più decentrato rispetto al cinema puro, orientato piuttosto verso un Messico raccontato come un regno del peccato popolato da delinquenti, trafficanti, avidi imprenditori ed un curioso approccio estetizzante che a tratti sfiora il kitsch, tra tagli di luce sulle lacrime delle piccole vittime e musica liturgica che accompagna le azioni più eclatanti del protagonista. E sembra tutto un tentativo, maldestro, di prendere tempo, di evitare di portare a vivo l’incapacità di gestire la tensione ed i ritmi dell’azione.
Non è un caso, forse, se quando il confronto con l’action diventa inevitabile Valverde abbia l’acqua alla gola: gira l’unica scazzottata del film arrivando sempre un attimo dopo gli accenti della coreografia e l’apice del confronto lo risolve fuori scena. Quasi come se Valverde usasse la censura della violenza per non ammettere l’incapacità di gestire sulla lunga distanza quelle immagini, quel cinema. Le uniche che sembra maneggiare alla perfezione sembrano quelle curate ma vuote che ha attraversato fino a quel momento, inerti, quasi zombesche, davvero un paradosso per un progetto che si propone, anche, di risvegliare le coscienze.
Titolo originale: The Sound Of Freedom
Regia: Alejandro Gomez Monteverde
Interpreti: Jim Caviezel, Mira Sorvino, Bill Camp, José Zúñiga, Kurt Fuller, Eduardo Verástegui, Gerardo Taracena, Scott Haze, Ariel Sierra, Gary Basaraba, Manny Perez, Javier Godino, James Quattrochi, Gustavo Sánchez Parra
Distribuzione: Dominus Production
Durata: 135′
Origine: USA, 2023